La scansione temporale di Aut Aut ricalca quella del calendario accademico. Le prime pagine vedono quindi gli studenti destreggiarsi tra calendari dei corsi e seminari, smaniosi di condividere tra loro i racconti delle vacanze estive. Selin, già protagonista del precedente romanzo di Batuman, L’idiota, di cui Aut Aut costituisce il seguito, rientra ad Harvard dopo aver trascorso l’estate a insegnare inglese in un villaggio ungherese per avvicinarsi a Ivan, laureando ungherese con cui ha intessuto nel corso dell’anno un rapporto piuttosto sfuggente e discontinuo, alimentato soprattutto da umbratili conversazioni notturne via email.
Alle sue amiche che la incalzano per sapere se in Ungheria «è successo qualcosa», con ovvio riferimento a rapporti sessuali tra lei e Ivan, si trova costretta a rispondere che no, non è successo niente, per quanto secondo la sua memoria dei fatti l’esperienza ungherese non possa certo esaurirsi nel fallimento delle sue aspettative romantiche. Per lei, in realtà, tante cose sono successe. Una simile considerazione è valida anche per la trama di Aut Aut. Poche cose succedono. Selin si muove tra i diversi corsi, legge moltissimi libri che nell’insieme costituiscono l’ossatura narrativa del romanzo stesso, attraversa un periodo di depressione, matura la consapevolezza di voler diventare scrittrice e parte per la Turchia come corrispondente delle guide turistiche “Let’s go”. Dirimente per lo sviluppo dell’azione è la lettura di Aut Aut di Kierkegaard, in seguito alla quale Selin si propone di condurre una vita estetica.
Selin fa esperienza della realtà tramite i libri, è lei stessa definita dai libri che legge, su cui riflette rapportandoli sempre alle sue vicende personali. Si potrebbe spiegare l’evoluzione del suo personaggio anche solo esaminando la lista dei libri che legge: Nadja di André Breton, Aut Aut, Ritratto di signora di Henry James tra gli altri. Questi libri agiscono come personaggi, Selin vi instaura un confronto, un corpo a corpo serrato che non si misura su un piano esclusivamente letterario o speculativo ma che investe tutti gli aspetti della sua vita. Riconosce ai romanzi un ruolo di paradigma, di guida morale, di prontuario di codici di comportamento a cui attingere.
Disegna il suo personalissimo manuale di istruzioni in cui confluiscono personaggi e scene tratti dai libri, in cui rispecchiarsi e su cui modellare, la sua visione del potere, del sesso, delle relazioni. Chiede ai libri di rispondere ai suoi dubbi su come vivere e come scrivere. Sono queste le due domande a cui Selin prova a rispondere prima attraverso la mediazione dei libri e poi con l’esperienza in Turchia. Sono le due domande che emergono con più urgenza in un romanzo disseminato di domande. La narrazione, infatti, è inframezzata da diverse interrogative che scandiscono il ritmo del romanzo e traducono la curiosità vorace di Selin, la sua incessante ricerca di significati e che finiscono per modellare la sua soggettività come personaggio e come aspirante “persona che scrive”.
I pensieri di Selin, dall’andamento discontinuo e errabondo, che si dipanano per tutto il libro e che spaziano tra gli argomenti più diversi, costituiscono così la vera trama di Aut Aut. Selin tenta durante tutto il corso del romanzo di prendere le misure della realtà che la circonda secondo una duplice prospettiva: in quanto personaggio agens e come scrittrice in potenza che narrativizza le sue stesse esperienze mentre le vive, che agisce dei comportamenti per farne materiale letterario. Si interroga continuamente sulla sua posizione nel mondo ma anche sul suo porsi come scrittrice nei confronti del reale, su come costruire la propria voce narrante. Diventa così la protagonista del suo romanzo di formazione che si snoda tra L’idiota, Aut aut e in parte I Posseduti, opera di non fiction in cui Batuman racconta i suoi anni di dottorato, dove Selin si trasfigura in Elif.
Il personaggio di Selin possiede quegli attributi di mobilità e irrequietezza interiore che secondo Franco Moretti caratterizzano i giovani protagonisti della forma romanzesca, e tale mobilità connota tematicamente la seconda parte del libro. Se nella prima parte il muoversi di Selin è riconducibile a quello del flâneur, un vagabondaggio distratto nella geografia rassicurante del campus, nella seconda prende la forma di un viaggio in cui si confronta con un’alterità culturale. La novità non si misura nei termini di conoscenza di una nuova realtà – trascorre infatti le vacanze estive in Turchia da quando è bambina – ma nell’incontro sessuale con il maschile, subìto più che desiderato o piuttosto desiderato perché percepito come indispensabile per diventare scrittrice.
È proprio per poter diventare scrittrice, per risolvere la dissociazione tra vita nei libri e vita “reale”, che Selin decide di superare la conoscenza libresca e di confrontarsi con l’universo delle relazioni sentimentali e sessuali, di esperire il mondo attraverso la fisicità del corpo. Dopo una serie di esperienze con alcuni ragazzi, deludenti e piuttosto sgradevoli, si compiace al pensiero di star vivendo finalmente una vita vera e non più «l’esistenza sterile e mortificante in cui imparavo soltanto le cose che erano scritte sui libri ignari del mondo reale».
La relazione con Ivan ha permesso a Selin di collocarsi al centro della propria storia, assegnandole temporaneamente il ruolo di eroina romantica, di protagonista della propria vita. Ma Ivan esiste per lei solo come fantasma, come personaggio letterario. Il loro rapporto ha già i caratteri di una relazione puramente epistolare nel primo libro, quando entrambi frequentano la stessa università e vivono nella stessa città. In Aut Aut, la fantasmaticità di Ivan è rafforzata dalla sua lontananza fisica, Ivan è ormai un’assenza, sopravvive nelle domande degli altri, nelle informazioni su di lui che Selin riesce a ottenere dalle sue ex ragazze, nelle laconiche email. Quando lascia Harvard, Selin perde il filo della sua narrazione. Lo riconquisterà leggendo Ritratto di signora, identificandosi con Isabelle Archer impegnata, come lei, a creare il suo personaggio come un’opera d’arte. Al contrario dell’eroina di James, però, Selin non è scritta ma è lei stessa a riconoscere e a scrivere la sua storia. Non sembra casuale che a questa epifania che coinvolge la vita e la scrittura Selin arrivi grazie a un autore come James che inserisce in filigrana riflessioni sulla letteratura, sull’ispirazione e sul senso della realtà in tutte le sue opere.
Più che in L’idiota, in Aut Aut Batuman problematizza la questione delle origini turche di Selin. La Turchia coincide con Ankara, con un universo domestico legato alle presenze femminili della famiglia – la madre, la nonna, le zie, e all’infanzia – un affresco quasi fiabesco di regali, arance candite ricoperte di cioccolato, vestaglie trapuntate e ciondoli d’oro. Nell’ombra avvolgente della casa della nonna Selin parla una lingua preziosa e un po’ arcaica, una lingua libresca, che incorpora i numerosi proverbi con cui la donna si esprime e che fino a questo momento lei non si era mai curata di imparare.
Selin è l’unica americana della sua famiglia. Vive una condizione di in-between tra due culture, due lingue, due visioni del mondo. Nel New Jersey il suo nome e il suo aspetto destano l’attenzione, chiedono sempre una giustificazione. Allo stesso modo in Turchia il suo accento, gli abiti che indossa, la posizione che occupa in quel contesto insospettiscono le persone che faticano ad associarla a un’identità pienamente turca o pienamente americana e finiscono per manifestarle un’ostilità che deriva dalla coscienza del suo privilegio e che lei subisce per senso di colpa.
Per quanto Batuman attinga dichiaratamente alle vicende della sua vita personale per costruire il personaggio di Selin che adombra in parte la figura della scrittrice, il testo è così auto-narrante, così stratificato nei suoi significati, così disseminato di indizi metaletterari che il lettore non avverte quella curiosità un po’ pruriginosa, tipica delle modalità di ricezione dell’autofiction, di indagare la biografia della sua autrice per rintracciare aderenze con il suo personaggio. Come sostiene Vladimir Nabokov, «la parte più interessante della biografia di uno scrittore non è il catalogo delle sue avventure, ma la storia del suo stile».
Sulla questione dell’invenzione di Selin, Batuman si è espressa in diverse occasioni, soprattutto per motivare la scelta della forma romanzo rispetto a quella del memoir. Selin non è la trasposizione fedele dell’autrice al secondo anno di università. Nasce da un esercizio di immaginazione, di scavo nella memoria dell’autrice che per rimettersi in contatto con la sé stessa ventenne rivisita i suoi ricordi, rilegge i suoi diari ma torna soprattutto ai libri che leggeva in quel momento.
Riferimenti bibliografici
E. Batuman, I posseduti. Storie di grandi romanzieri russi e dei loro lettori, Einaudi, Torino 2012.
Id., L’idiota, Einaudi, Torino 2018.
V. Nabokov, Mašenka, Adelphi, Milano 2022.
F. Moretti, Il romanzo di formazione, Einaudi, Torino 1999.
Elif Batuman, Aut-Aut, Einaudi, Torino 2024.