«Certi lunedì di fine novembre, o di inizio dicembre, soprattutto se sei scapolo, hai la sensazione di essere nel braccio della morte». Annientare comincia così. Ma il titolo e l’incipit del romanzo sono fuorvianti. Questa volta Houellebecq non racconta l’autodistruzione (come ha fatto negli altri libri, soprattutto Serotonina: «Più niente sembrava in grado di frenare la corsa verso l’annientamento»). Il protagonista, Paul Raison, è un’eccezione nel circo dei maschi uellbecchiani. È il primo a non essere ossessionato dal sesso. Ha cinquant’anni, vive separato in casa e da dieci non ha un rapporto con la moglie, ma in settecentotrentanove pagine non c’è un’avventura extraconiugale, neanche il pensiero. Solo una volta si decide ad andare nell’appartamento di un’escort, ma dopo un accenno di fellatio smette. Non perché, come ci aspettiamo da Houellebecq, ha problemi di erezione ma perché accende la luce e si accorge che la ragazza è sua nipote. In realtà, voleva solo lubrificare gl’ingranaggi per tornare a far l’amore con la moglie. Cosa che accadrà verso metà romanzo. «Ora Paul comprendeva la strana nozione di “dovere coniugale” e non la trovava affatto risibile». Tutto qui.
Paul non lavora macchinalmente, si applica a quello che fa, è disciplinato e rigoroso. È segretario personale e consigliere di un bravissimo ministro dell’economia per il quale ha un affetto autentico e ricambiato. Nella Francia giallogilettesca, invidiosa e risentita, Paul sa riconoscere gli uomini di valore, anche quando sono uomini di potere. Soprattutto quando sono uomini di potere. Il presidente, il cui mandato sta per scadere (non c’è il nome ma è Macron), è persona ambiziosa, capace e degna: «Non aveva nulla del signorotto di campagna; si sentiva che doveva la sua folgorante ascesa unicamente alle sue qualità personali». «Il presidente era intelligente, nemmeno i suoi più accaniti detrattori si sognavano di mettere in dubbio la sua intelligenza; ma in più conosceva gli uomini, sapeva intuire le loro potenzialità inesplorate come le loro pecche». Alcuni tra gli avversari politici sono persone degne anche loro: il giovane candidato del Rassemblement national, già Front national, «era molto bravo, al tempo stesso incisivo e imbattibile sui temi trattati».
Paul è un uomo serio, non sopporta i bamboleggiamenti di ritorno. Dopo l’ictus del padre, passa molto tempo nella casa di campagna dove è cresciuto e ammette che «probabilmente è piacevole, in fondo, ripiombare nell’infanzia, forse è questo in realtà che tutti vogliono». Ma non è detto che tutti abbiano ragione. Anzi. Vagheggiare l’infanzia è abbastanza da disperati. Lo spessore di un uomo si misura con le cose che ha fatto, ciò che si è conquistato e ha saputo conservare.
Attribuendo più valore alla vita di un bambino, quando non abbiamo nessunissima idea di cosa diventerà, se sarà intelligente o stupido, un genio, un criminale o un santo, neghiamo ogni valore alle nostre azioni reali. I nostri atti di eroismo o di generosità, tutto ciò che siamo riusciti a realizzare, i nostri traguardi, le nostre opere, niente di tutto questo ha più il minimo valore agli occhi del mondo; e ben presto non ne ha più nemmeno ai nostri occhi. In questo modo priviamo la nostra vita d’ogni motivazione e di ogni senso; è puro nichilismo.
L’infermità del padre dà a Paul l’occasione di rivedere il fratello e la sorella. I tre si incontrano abbastanza spesso nella vecchia casa. «Erano insieme, pensò Paul, i fratelli e la sorella erano riuniti tutti insieme». Perché in Houellebecq facesse la comparsa un simulacro di idillio famigliare, abbiamo dovuto aspettare il romanzo numero otto. Paul si riavvicina soprattutto alla sorella, fervente cattolica, e solidarizza con il cognato, un notaio di provincia, mite, gentile e sfortunato, che da ragazzo militava nelle formazioni dell’estrema destra e adesso cade a fagiolo perché con l’aiuto degli ex camerati riescono a rapire il padre da un ospedale dove probabilmente gli avrebbero dato la “dolce morte”. Per il fratello, Paul prova più che altro compassione: svagato e debole, una vita sfilacciata come gli arazzi che restaura, è angariato dalla moglie Indy. Ultrà del progressismo e giornalista d’insuccesso, Indy è un concentrato di infelicità e cattiveria. Sputa sentenze, litiga per il gusto di litigare, è tutta compresa degli articoletti che pubblica sui rotocalchi, attira su di sé l’odio che ha per gli altri. Ha voluto un figlio ma non dal marito, preferendo la procreazione assistita con il seme di un nero, non però uno qualsiasi, «di certo era un nero con una laurea a Harvard o al MIT, si capiva benissimo come aveva potuto ragionare». È questo che Houellebecq non perdona agli intellettuali engagé sistematicamente sbertucciati nei romanzi: l’astrattezza e la prevedibilità delle scelte, la disinvoltura con cui la maggior parte distilla in massimi sistemi di idee radicali i propri fallimenti.
Paul Raison resiste alle burrasche della vita. Dunque le cose vanno più o meno bene? No, ci sono due cose che vanno decisamente male. La prima è un gruppo di terroristi che tengono la Francia e il mondo sotto schiaffo. Tutto è cominciato con la diffusione in rete di un montaggio video che mette in scena la decapitazione del ministro dell’economia. Poi sono passati all’azione: hanno silurato un cargo che fa la rotta Shanghai-Rotterdam, affondato un barcone di migranti diretto in Spagna, incendiato un laboratorio danese per l’inseminazione artificiale e il complesso residenziale di una società irlandese collegata a Apple e Google. I terroristi, «un’alleanza di persone che desiderano provocare il caos», colpiscono i simboli della tecnologia e del mercato, anche quello che fa spostare le persone da un continente all’altro. Difficile dire se sono più squallidi i terroristi oppure la modernità che vogliono annientare.
Un geek che si chiama Delano e lavora per i servizi segreti unisce i punti degli attentati sulla carta geografica, ne viene fuori il disegno di un pentacolo. Capisce che il prossimo obiettivo è un’isola croata dove ci sarà un forum con i più importanti dirigenti d’impresa del pianeta. L’attacco verrà sventato? Non lo sappiamo, perché il romanzo finisce prima, ma è probabile di sì. Nel marasma delle cose l’importante è fare ordine e il geek ci è riuscito. Un funzionario dei servizi si congratula: «Da tempo ho rinunciato a cercare un fondo di razionalità nel mondo umano; non ne abbiamo bisogno nel nostro lavoro, ci basta cogliere le strutture. E in questo caso non c’è dubbio che lei abbia identificato una struttura». Bello e utile è scoprire le forme nascoste che tengono insieme i fatti e ci vuole tempo, pazienza, bravura, è il mestiere dei detective e degli scrittori.
L’altra cosa che rischia di mandare tutto gambe all’aria è che a un certo punto Paul scopre di avere un cancro. Piuttosto di farsi trapiantare una mascella artificiale e una lingua in titanio, sceglie di sottoporsi soltanto alla chemioterapia, sapendo che così morirà. Tanto, pensa, sarebbe morto anche con il trapianto. Se la situazione è quella che è, inutile accanirsi. Approfitta delle ultime settimane per fare l’amore con la moglie. Malgrado la chemio e i pronostici dei medici, continua a non avere problemi di erezione.
Erano stati fortunati, molto fortunati. Per la maggior parte delle persone la traversata era, dall’inizio alla fine, solitaria. «Non credo che fosse in nostro potere cambiare le cose» le disse alla fine. Ci fu una folata di vento gelido, la strinse più forte a sé. «No, tesoro». Lo guardò negli occhi, sorridendo a metà, ma sul suo viso brillavano le lacrime. «Avremmo avuto bisogno di meravigliose menzogne».
Per avere delle meravigliose menzogne, bisognerebbe scrivere romanzi. Ma il più delle volte la felicità è lavorare sodo, non odiare gli altri, non morire soli. Vi pare poco?
Michel Houellebecq, Annientare, La nave di Teseo, Milano 2022.
*L’immagine di anteprima dell’articolo è un dettaglio della copertina del libro.