Al centro della storia è una caduta accidentale o provocata del marito della protagonista Sandra. Avvenuta nelle prime sequenze, la caduta è il fatto scatenante che dà origine alle infinite ricostruzioni delle dinamiche dell’accaduto che, non essendo convincenti e probatorie, conducono a diverse interpretazioni, fino al tribunale in cui si terrà il processo alle intenzioni di Sandra. Vincitore della Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes, Anatomia di una caduta,  avvicinandosi ma non sovrapponendosi al legal drama, affronta il problema dell’esistenza della verità – che sia morale o giuridica – attraverso la ricostruzione non tanto del decesso avvenuto,  quanto della parola scritta, enunciata dal vivo o registrata.

La parola dei personaggi è un attante che si sviluppa e si modifica attraverso la geografia dei luoghi del film: se in casa è impedita, e nelle montagne innevate attraversate da Daniel è assente fino a esplodere nell’urlo disperato del bambino di fronte al corpo del padre, in tribunale è una parola che nel suo dire non arriva a destinazione col significato veridico che i soggetti intendevano darle. Lo stile rigoroso e asciutto della macchina da presa durante le fasi dell’indagine, restituendo un racconto quasi documentaristico del processo, crea distacco emotivo e affettivo da esso, costruendolo come una messa al vaglio della parola dell’imputata.  

“Pensi si possa scrivere solo a partire dalla propria esperienza?” chiede la studentessa a Sandra durante l’intervista che apre il film. Una domanda di partenza alla quale non si dà risposta o, meglio, la quale risposta viene celata dal rumore dell’acqua che sgorga dal rubinetto e dall’assordante musica che il marito Samuel ascolta al piano di sopra: fin dall’inizio, dunque, la parola di Sandra, parola della quale ben si serve nel suo lavoro da scrittrice, è tagliata, smorzata e depotenziata.  

Tra le parole che si disperdono nei rumori, le parole che scorrono sugli schermi (come quello della traduzione in tribunale) e le parole estrapolate dal romanzo di Sandra, citate dall’agguerrita controparte, molte sono anche silenziate e omesse: si tratta della sequenza in cui Daniel sembra ricordare alcune parole del padre sulla vita e sulla morte che avrebbero potuto far considerare l’ipotesi del suicidio premeditato. Nel dialogo tra Samuel e il figlio, il sonoro è la voce del bambino che si sovrappone alle parole del padre che il bambino sembra ricordare. La mancanza della parola crea una rottura nel tessuto verbocentrico del film in cui essa regna incontrastata: la rottura potrebbe non solo significare un ricordo del tutto inventato da parte di Daniel – ricordo che manca, infatti, delle parole del padre – ma soprattutto un’uscita dal regime della parola al fine di far scorgere nelle pieghe dei gesti e dei movimenti ciò che il dire nasconde e distorce.

Oltre alla sequenza appena citata, le parole che sembrano essere più significative nell’assegnare alla vicenda una risoluzione sono da una parte quelle che Daniel dovrebbe aver sentito proprio prima della morte del padre e, dall’altra, quelle registrate da Samuel che dovrebbero incolpare Sandra. Le molteplici ricostruzioni dovrebbero provare che il bambino abbia davvero ascoltato, nonostante l’alto volume della musica, le parole dei genitori e, dunque, possa testimoniare che non si trattasse di una lite. L’ascolto che Daniel e anche lo spettatore mettono in atto in quest’ultima sequenza, è un ascolto causale e semantico: servendosi di un suono al fine di rintracciarne la causa, si cerca anche di interpretare il messaggio, cioè distinguere le parole che i due avrebbero potuto dirsi. Se Daniel avesse distinto anche una sola parola durante la ricostruzione, essa avrebbe potuto dimostrare la sua buona fede nella testimonianza.

L'ascolto causale e l'ascolto semantico, naturalmente, possono esercitarsi parallelamente e indipendentemente in una stessa catena sonora. Sentiamo al tempo stesso ciò che qualcuno ci dice e il modo in cui lo dice. L'ascolto causale di una voce, del resto, sta al suo ascolto linguistico un po' come l'esame grafologico di un testo sta alla sua lettura (Chion 2011, p. 36). 

Dall’altra parte, l’ascolto acusmatico della lite, cioè l’ascolto di parole che si sentono senza far vedere la causa originaria del loro suono, sembra poter incolpare Sandra. L’ascolto acusmatico, il ritardo nel mostrare la fonte delle parole, genera un’atmosfera di suspense e attesa, costituendo un procedimento drammaturgico puro, analogo a un’entrata in scena differita (ivi, p. 66). Infatti, l’entrata in scena di Samuel è ritardata e relegata nel fuori campo fino al flashback del litigio decisivo.

Nonostante si possa pensare che sia Sandra ad esser stata manipolatrice nei confronti del marito, è un’analisi attenta delle sue parole che sembra dirci il contrario: la parola di Sandra, infatti, è oltraggiata e minacciata per tutto il corso del film, soprattutto durante il processo in tribunale. Si scopre durante il processo che Samuel registrava da tempo le conversazioni con la moglie per attingere da esse materiale per ritornare a scrivere. Inoltre, l’imputata in tribunale sarà costretta a parlare in francese, non potendo utilizzare per esprimersi la lingua che padroneggia meglio, ovvero l’inglese. Il campo della parola di Sandra è, dunque, in tutti i modi contaminato, riergendosi nella sua purezza solamente durante l’esercizio di scrittura del suo romanzo: le parole si presentano come realmente esperite, non nella realtà giuridica, mediatica o famigliare ma, al contrario, solamente nell’invenzione narrativa.

Come in Anatomia di una caduta anche nel penultimo film di Justine Triet, Sibyl – Labirinti di donna (2019), al centro della narrazione è proprio il rapporto tra la scrittura, la parola e le ambiguità interiori dei soggetti. Sibyl è una psicoterapeuta che abbandona il suo lavoro a causa di una forte esigenza di scrittura: tra una seduta e l’altra annota e registra dettagli che le serviranno per trarre ispirazione per il suo nuovo romanzo. Si può considerare in questo senso anche Tutti gli uomini di Victoria (2016) in cui si rintraccia la stessa importanza della scrittura finzionale tratta dall’esperienza: in questo caso, è l’ex marito di Victoria a utilizzare le parole e i fatti accaduti con la moglie tempo prima, al fine di portare a termine il suo romanzo. Considerando i due precedenti lungometraggi citati e aggiungendo La Bataille de Solférino (2013),  si nota come la protagonista dei film di Triet sia sempre una donna in carriera, intenta a dividersi fra il lavoro e la famiglia, in preda a crisi psichiche che, in un modo o nell’altro, si sedano sempre nella scrittura. Le ultime parole pronunciate dalla protagonista di Sibyl, infatti, potrebbero essere pronunciate anche da Sandra in conclusione alla vicenda di Anatomia di una caduta: “Mi sono allontanata da tutti. Li vedo come personaggi. […] La mia vita è una finzione. La posso riscrivere come voglio”.

Tra parole ascoltate, non dette, registrate, inventate e scritte si dimostra come sezionare anatomicamente la caduta di Samuel non ci conduca ad una verità ultima: infatti, nei rapporti umani la verità non si manifesta nella parola pubblica, ma solamente in quella intima e nascosta. Nonostante esista nel finale una sentenza giudiziaria che scagiona definitivamente Sandra, nell’abbraccio finale tra mamma e figlio potremmo ritrovare non solo la felicità di riavere a casa la mamma scagionata da un delitto che non aveva commesso, ma anche un perdono rassegnato. Cosa potrebbe aver detto Daniel alla madre durante l’abbraccio conclusivo? Alle parole che non possiamo ascoltare l’ardua sentenza.

Riferimenti bibliografici
M. Chion, L’audiovisione. Suono e immagine nel cinema, Lindau, Torino 2001.

Anatomia di una caduta. Regia: Justine Triet; sceneggiatura: Arthur Harari, Justine Triet; fotografia: Simon Beaufils; montaggio: Laurent Sénéchal; interpreti: Sandra Hüller, Swann Arlaud, Milo Machado Graner, Antoine Reinartz, Samuel Theis, Jehnny Beth, Saadia Bentaïeb, Camille Rutherford, Anne Rotger, Sophie Fillières; produzione: Les Films Pelléas, Les Films de Pierre; distribuzione: Teodora Film; origine: Francia; durata: 150’; anno: 2023.
Share